Arwen Undòmiel, Stella del Vespro

Lòrien, T.E. 241 – Cerin Amroth, Q.E. 121

 

La figura di Arwen Undòmiel, figlia di Elrond Mezzelfo e di Celebrìan, figlia di Galadriel e Celeborn di Lothlòrien, si staglia sui grandi eventi che segnarono la fine della Terza Era di Arda con la radianza e l’influenza che solo i grandi personaggi possono ricoprire.

Eppure, in molti casi il suo ruolo viene inaspettatamente sottostimato, schiacciato su quello della figura della Sposa – e poi della Regina – che a tutti i costi le si vuole imporre.

 

Vi è forse, in questo inatteso destino il peso del parallelismo, più volte ribadito nelle antiche cronache tra lei e Lúthien, tanto che lo stesso Libro Rosso ci racconta che con la sua nascita molti ritennero che il sembiante di Lúthien la bella avesse fatto ritorno sulla Terra di Mezzo. Ma, viene detto, rispetto alla propria antenata Arwen ha un impatto meno diretto e fattivo sul corso della Storia: non ha accompagnato il suo amato alla battaglia, non ha personalmente fronteggiato un Maia e un Vala con la magia del proprio canto, non ha convinto Mandos in persona a restituirle il proprio sposo dopo la sua Morte.

Ma queste riflessioni sottovalutano come nel frattempo il mondo di Arda fosse profondamente cambiato: Valinor era stata separata dal mondo e il potere degli Elfi andava svanendo. Eppure ciò non riduce di una virgola la capacità di Arwen di condizionare i destini di Elfi, Uomini, e di tutti i popoli liberi.

 

Il Signore di Gran Burrone, di Abe Papakhian

Arwen nacque nei primi anni della Terza Era, quando ormai suo padre Elrond e sua madre Celebrìan avevano ormai raggiunto la piena maturità anche in base al metro degli Eldar – ma, com’era consuetudine per gli Elfi, non erano soliti contrarre matrimonio o avere figli in momenti di instabilità o di guerra, pesante com’era la gravidanza di un Elfo per entrambi i genitori. Arwen nacque 111 dopo i suoi fratelli, i gemelli Elladan e Elrohir, e crebbe tra Imladris e Lothlòrien, i regni dei genitori e dei nonni materni.

Poco si conosce della sua vita in questo periodo, se non che da tutti era riverita come la più bella dei Figli di Ilùvatar della Terra di Mezzo, venendo chiamata Undòmiel, Stella del Vespro della sua gente. Fu lei a ereditare da sua madre Celebrìan l’Elessar, quand’ella decise di abbandonare la Terra di Mezzo a seguito del rapimento e dei tormenti patiti dagli Orchi che l’avevano catturata. Per quanto la maestria e la capacità di guaritore di Elrond l’avessero curata, più ella non provava amore per la Terra di Mezzo, e salpò oltre il Mare.

 

Questa gemma, che da allora venne conservata da Galadriel a Lothlòrien, sarà da lei donata molti anni dopo ad Aragorn, quando questi si rifugiò nel Bosco durante il viaggio verso Sud della Compagnia dell’Anello.

Proprio la storia di Arwen e Aragorn costituisce uno dei più fulgidi esempi di amore della Terza Era. Era il 2952 quando Arwen, tornata alla casa del padre a Gran Burrone, incontrò il giovane erede dei Capitani dei Dúnedain, che dopo la morte del padre Arathorn Elrond decise di allevare come proprio figlio, presagendo che fosse destinato a grandi imprese nel suo futuro. In quell’occasione Aragorn posò per la prima volta il proprio sguardo su Arwen Undòmiel, e da quel momento l’amò con tutte le proprie forze. Ma egli era ancora un fanciullo, e poco interesse le rivolse in quell’occasione la propria amata, se non ricordandogli, in una breve conversazione, ch’essi erano lontani cugini, perché Elrond suo padre era fratello di Elros Tar-Minyatur, primo Re di Nùmenor, dal quale discendeva – unico nella Terra di Mezzo – in linea diretta.

 

Alcuni anni trascorsero, e Aragorn crebbe come un Uomo forte, coraggioso e dal cuore puro. E quando, di ritorno dalle sue imprese a Rohan e Gondor, Aragorn si fermò a ristorarsi a Lòrien, i due si incontrarono nuovamente. E Arwen lo vide allora come un Uomo adulto e nel pieno delle proprie forze, capace di grandi imprese e al contempo portatore di una saggezza antica e venerabile. Ed ella ricambiò il suo amore, giurandogli eterna fedeltà sulla


collina di Cerin Amroth, dove Aragorn le donò l’anello di Barahir come pegno della loro unione. Ed entrambi, come poi fu raccontato, voltarono le spalle all’Ombra – che minacciava di inghiottirli – e al Crepuscolo di un futuro più sicuro, riservato, ma privo di amore calore. E lei rinunciò, come Lúthien prima di lei, alla vita degli Eldar per amore di Aragorn figlio di Arathorn.

 

Ma Elrond suo padre, che sapeva guardare più lontano di chiunque nella Terra di Mezzo, sapeva che il loro amore avrebbe avuto un futuro solo in un caso: che Aragorn sconfiggesse Sauron e si sedesse sul trono di Minas Tirith come Re di Gondor e di Arnor. E più volte parlò all’Erede di Isildur, ricordandogli che non avrebbe concesso che sua figlia sposasse un semplice Capitano dei Dúnedain, e che solo la più grande delle sue imprese avrebbe potuto coronare il proprio sogno d’amore.

 

Arwen e Aragorn a Lothlòrien, di Matt Stewart

Ecco che allora la figura di Arwen assume un ruolo molto diverso rispetto a quello finale, della Sposa del Re che giunge a Minas Tirith per il matrimonio, a giochi fatti. Arwen è a tutti gli effetti la ragione per cui Aragorn ha intrapreso la propria missione, accettando il proprio destino e disponendo il suo animo a riscattare la debolezza dimostrata dal suo antenato Isildur. Senza Arwen, Aragorn avrebbe potuto fare un passo indietro, rinunciare al proprio ruolo. Ed è solo la sua presenza – testimoniata anche dal fatto che fu lei a intessere il vessillo di mithril e d’oro con il quale egli giunse a Gondor dalla via del Mare, e lei a spingerlo a percorrere il Sentiero dei Morti, grazie alla cui fedeltà liberò i feudi del Sud dal giogo dei Pirati alleati a Mordor – a mettere in moto gli eventi che infine causarono la caduta di Sauron, che non si sarebbe potuta realizzare senza la presenza di un nuovo Re sul trono di Gondor.

 

Ma vi è un altro elemento che spesso è sottostimato. In un passaggio del Libro Rosso è infatti riportato come sia a cagione di una grazia concessa da Arwen che a Frodo fu concesso di trasferirsi nelle Terre Immortali, per vivere il resto della propria vita libero dai tormenti del Mondo. Ma ciò è solo una lettura superficiale di quanto avvenuto, a meno che non si voglia ritenere che Arwen disponesse di un “biglietto” per una nave che poteva trasferire a Frodo come niente fosse. Al contrario, questo passaggio rivela com’ella fosse il degno erede del proprio lignaggio, facendo ciò che – come viene aduggiato nel Libro Rosso – sua nonna Galadriel fece per Gimli figli di Glòin: intercedere con i poteri all’Ovest, presumibilmente per tramite di Gandalf – affinché Frodo potesse ottenere questa grazia.

E con questa decisione compiere definitivamente “la scelta di Lúthien”, che non era solo quella di donare il proprio cuore a un Uomo mortale, assumendone il destino e l’inevitabile fine, ma anche di dipingere la propria strada nel mondo senza adattarsi al percorso che per lei era stato da altri tracciato, facendosi portatrice – forse l’unica insieme a Mithrandir – di un’ideale di gioia e speranza al di là delle sofferenze momentanee e di quelle prevedibili.

Perché molti anni dopo, quando Sauron fu sconfitto e il Reame Riunito di Gondor e Arnor ripristinato con Aragorn Elessar come suo Re, e molti nemici sconfitti nella gloria crescente degli Uomini dell’Ovest, ella sentì che il Fato che aveva scelto si approssimava.

E un giorno Aragorn prese la propria decisione, e “si recò nella Casa dei Re in fondo alla Via Silente, e si distese sul lungo letto che era stato preparato per lui. […] poi tutti lo lasciarono, all’infuori di Arwen, la quale rimase in piedi, sola, accanto al letto. E, malgrado la sua saggezza e il suo lignaggio, ella non seppe trattenersi dal pregarlo di rimanere ancora per qualche tempo. Non era ancora stanca dei suoi giorni, e sentì l’amaro sapore della mortalità che aveva scelta. «Dama Undómiel», disse Aragorn, «dura è invero l’ora, eppure fu decisa nel momento in cui ci incontrammo sotto le bianche betulle nel giardino di Elrond, ove nessuno più passeggia. E sul colle di Cerin Amroth, quando abbandonammo sia l’Ombra che il Crepuscolo, accettammo il nostro destino. Rifletti, mia adorata, e domandati se preferiresti vedermi appassire e cadere dal mio alto trono, impotente e irragionevole. […] Ora, quindi, dormirò. Non ti dirò parole di conforto, perché per simili dolori non vi è conforto entro i confini del mondo. Ti attende un’ultima scelta: pentirti e recarti ai Rifugi, portando con te all’Ovest il ricordo dei giorni trascorsi insieme, un ricordo sempre verde, ma pur sempre soltanto un ricordo; o, altrimenti, attendere la Sorte degli Uomini». «No, mio amato sire», ella rispose, «quella scelta è stata fatta ormai da molto tempo. Non vi sono più navi che mi porteranno sin là, e devo attendere la Sorte degli Uomini, volente o nolente: la perdita e il silenzio. Ma voglio dirti, Re dei Numenoreani, che sinora non avevo compreso la storia della tua gente e la loro caduta. Li deridevo come se fossero stupidi e cattivi, ma ora finalmente li compiango. Perché se questo è, in verità, il dono dell’Uno agli Uomini, è assai amaro da ricevere”.

E quando Aragorn scelse la morte, come i grandi re di Elenna facevano ai tempi della loro gloria, Arwen comprese appieno come la sua scelta, decisiva per i destini della Terra di Mezzo, avesse dato a tutti speranza, ma poca ne aveva conservata per lei: “Onen i-Estel Edain, ú-chebin estel anim”, come Gilraen madre di Aragorn ebbe a dire molti anni prima.

E nel silenzio del suo dolore scelse a sua volta di chiudere la propria vita, ormai immemore del ruolo centrale che aveva ricoperto nella vita di ogni membro dei popoli liberi: “Arwen partì, e la luce dei suoi occhi era spenta; al suo popolo parve che ella fosse diventata fredda e grigia come la notte d’inverno senza una stella. Disse addio a Eldarion, alle sue figlie e a tutti coloro che aveva amato, e lasciò la città di Minas Tirith; si recò nella terra di Lórien, e vi dimorò sola sotto gli alberi pallidi fino al giungere dell’inverno. Galadriel era partita, e anche Celeborn se n’era andato, e tutto era silenzio. Alla fine, mentre cadevano le foglie dei mallorn e la primavera era ancora lontana, ella si distese sul Cerin Amroth; e quella sarà la sua verde tomba finché il mondo cambierà, e i giorni della sua vita saranno del tutto obliati dagli uomini che nasceranno, e l’Elanor e il Niphredil non fioriranno più a est del Mare.”

 

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