Arkengemma, di Donato Giancola

Ritrovata a Erebor, c.a. 1.999 T.E. – Conservata a Erebor nella tomba di Thorin

 

Somma tra i manufatti associati ai Nani della Stirpe di Durin è l’Arkengemma, il Cuore della Montagna, e in particolare negli ultimi secoli della Terza Era, quando molte delle eredità del più antico Padre dei Nani giacevano irraggiungibili tra le rovine di Moria.

Era l’Arkengemma un oggetto di straordinaria bellezza: splendeva come la luna in un cielo notturno — non riflettendo la luce, ma irradiandola da sé. Non era solo una pietra: era una promessa, un’eredità, un’ossessione.

 

Una promessa, poiché pochi, anche fra i Nani più fiduciosi, potevano sperare nella ricostruzione di un Regno dopo la caduta di Khazad-dûm causata dal risveglio del Balrog che sarà poi chiamato “Il Flagello di Durin”. Troppo a fondo scavarono i Nani alla ricerca di mithril, fino a che nel 1980 della Terza Era il Balrog non si risvegliò. facendo strage dei minatori e uccidendo prima Durin VI e poi suo figlio Náin l’anno successivo. Nel giro di qualche mese, Moria era perduta, e i Nani si rassegnarono ad abbandonarla cercando un nuovo Regno dove stabilirsi. Sotto la guida di Thráin I, a lungo vagabondarono, fino a quando non giunsero, 18 anni dopo, alla piana di Erebor, dominata dalla Montagna Solitaria.

 

Il Cuore della Montagna, di Ted Nasmith
Il Cuore della Montagna, di Ted Nasmith

L’Arkengemma fu scoperta poco dopo la Fondazione del Regno Nanico sotto la Montagna. E risplendeva di bianca luce tra le rocce in cui era incastonata. I Nani usarono tutta la loro maestria per lavorarla in una gemma sfaccettata e scintillante. La pallida luce con cui brillava si trasformava in un arcobaleno multicolore di luminose spire ogni volta che veniva toccata dalla luce. E da quanto ci racconta Bilbo Baggins nel Libro Rosso, era piuttosto grande: l’Hobbit era infatti in grado di tenerla in mano, ma non di stringere le dita intorno.

Così la descrisse Thorin:  “L’Arkengemma! L’Arkengemma! Era come un globo dalle mille facce; splendeva come argento alla luce del fuoco, come l’acqua al sole, come la neve sotto le stelle, e come la pioggia sopra la Luna!“.

 

Il figlio di Thráin, Thorin I, la portò con sé nelle Montagne Grigie, dove rimase per alcune generazioni. E così l’Arkengemma divenne un’eredità dei sovrani del Casato di Durin.

finché re Thrór non decise che era giunto il tempo di tornare a Erebor, e la riportò nella Grande Sala di Thráin. Questa decisione, si dice, era figlia delle conseguenze della Guerra tra i Nani e i Draghi, che portò molti della stirpe di Durin a fuggire verso sud. Una parte del popolo tornò alla Montagna Solitaria, mentre altri seguirono il fratello di Thrór, Grór, ai Colli Ferrosi, ove stabilirono un nuovo regno nanico.

 

Il Regno di Erebor perdurò per circa 200 anni, crescendo in ricchezza e in prestigio grazie agli scambi commerciali con gli Uomini della regione, che fondarono la città di Dale in vista della Montagna, e con il Reame Boscoso degli Elfi, governati da Re Thranduil.

Ma quando il drago Smaug saccheggiò la Montagna Solitaria nel 2770 della Terza Era, costringendo nuovamente i Nani a fuggire, l’Arkengemma andò perduta per i Nani del Popolo di Durin. E a lungo rimase a giacere tra il bottino di Smaug nelle sale di Erebor.

 

Fu probabilmente da questo momento che l’Arkengemma divenne anche un’ossessione, che mai abbandonò gli eredi di Durin. Prima Thrór, che cercò di sanare la perdita della montagna organizzando un’improbabile ritorno a Moria, che si concluse con la sua uccisione da parte di Azog, da cui ebbe inizio la Guerra tra i Nani e gli Orchi. Poi Thráin suo figlio, che dopo la vittoria di Azanulbizar e il trasferimento nei Monti Azzurri, vide crescere la propria nostalgia per la Montagna e le ricchezze ivi conservate. E partito verso Est, fu separato dai propri compagni e catturato dai servi del Nemico, che lo imprigionarono a Dol Guldur sottraendogli l’ultimo Anello dei Nani. Vi è chi dice che questa crescente brama dei tesori perduti fosse generata proprio dall’Anello, ma non è da escludere che l’Arkengemma stessa avesse questo potere, perché – come vedremo – esso ricadde in parte anche su suo figlio Thorin, che non ebbe mai posseduto l’Anello.

 

Infatti, molti anni dopo, quando Thorin guidò un gruppo di Nani per riconquistare l’antico reame, l’ossessione per l’Arkengemma come simbolo del proprio potere fu tra le cause che portarono il Nano a cadere vittima della malattia del Drago, anche dopo che Smaug fu abbattuto da Bard di Esgaroth.

Si racconta infatti che il loro compagno Bilbo Baggins scoprì l’Arkengemma, ma la tenne per sé, temendo le conseguenze che il diritto regale a essa associato potesse avere su Thorin.

L'Arkengemma, di Ted Nasmith
L’Arkengemma, di Ted Nasmith

Più tardi, quando gli Uomini del Lago e gli Elfi di Bosco Atro giunsero a reclamare una parte del tesoro di Smaug, Bilbo si turbò per la riluttanza di Thorin a trattare. Nella speranza di facilitare i negoziati, entrò segretamente nel campo degli Uomini e degli Elfi e consegnò l’Arkengemma ai loro capi, Bard e Thranduil. Il giorno seguente fu richiesta a Thorin una dodicesima parte del tesoro come riscatto per l’eredità del suo popolo. E tale fu la durezza del suo rifiuto, che quasi da questa tensione sortì una guerra tra Nani, Elfi e Uomini, soprattutto dopo l’arrivo del contingente nanico dei Colli Ferrosi guidato da Dáin Piediferro.

 

Ma la minaccia portata da Orchi e Goblin, anch’essi interessati alle ricchezze delle montagne, fece dimenticare le controversie e facilitò una rapida alleanza. E così fu combattuta la Battaglia dei Cinque Eserciti, al termine della quale i nemici furono sconfitti e Erebor difesa, a costo però della morte di Thorin e dei suoi eredi Fìli e Kìli.

Dopo la Battaglia, tuttavia, l’inimicizia tra i capi dei Nani, degli Elfi e degli Uomini fu accantonata, e Bard di Dale pose il Cuore della Montagna sul petto di Thorin nella sua tomba. Così, quasi mille anni dopo la sua scoperta, l’Arkengemma fu nuovamente sepolta nelle profondità sotto la Montagna Solitaria.

 

In conclusione, un aspetto  che vale la pena di menzionare. In molti, studiando le antiche saghe, hanno vagheggiato della possibilità che l’Arkengemma fosse in realtà un Silmaril, e per la precisione quello che si dice Maedhros abbia trascinato con sé in una voragine infuocata. Si tratta, naturalmente, di una semplice suggestione: da una parte, perché l’Arkengemma non ha mai mostrato poteri minimamente paragonabili a quelli del Silmaril – che certamente sarebbero stati riconosciuti anche da Smaug il drago; dall’altra, perché in molti testi sapienziali è ricordato che l’Unico Silmaril attualmente visibile dalla Terra di Mezzo è quello posto nel firmamento, sulla fronte di Eärendil il Navigatore.

E certamente un gioiello di tale levatura non sarebbe rimasto dimenticato così a lungo, come avvenuto per l’Arkengemma.

 

 

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