Un grosso gabbiano stava fermo a guardarlo da vicino e per un attimo Rover temette che stesse per mangiarlo.
Invece il gabbiano disse: «Buona sera! Ho aspettato a lungo che ti svegliassi. Psamathos aveva detto che ti saresti svegliato per l’ora del tè, ma è passata da un bel pezzo».
 «E di grazia, signor Uccello, per quale motivo mi starebbe aspettando?» domandò Rover in tono molto beneducato.
 «Mi chiamo Mew», disse il gabbiano, «e sto aspettando di portarti via, non appena si leverà la luna, lungo la sua scia luminosa. Ma prima c’è un paio di cosucce da fare. Saltami in groppa e vedi se ti piace volare.»
 A Rover non piacque affatto, all’inizio. Andava tutto bene finché Mew volava basso, scivolando senza scosse ad ali spiegate e immobili; ma quando si fiondava alto nell’aria o virava improvviso su un fianco, planando ogni volta in modo diverso o in rapide e rischiose picchiate come se volesse tuffarsi in mare, il povero cagnolino, col vento che gli soffiava negli orecchi, si augurava di tornare sano e salvo sulla terra.
 Lo disse diverse volte, ma per tutta risposta Mew diceva: «Tienti forte! Il bello viene adesso!»
 Eran lì che svolacchiavano da un po’ e Rover aveva appena cominciato ad abituarcisi tanto da esserne quasi stufo, quando Mew urlò d’un tratto «Si decolla!» e a momenti Rover decollava per conto suo. Perché Mew partì sparato, in verticale come un razzo nell’aria e poi, preso il vento, proseguì a gran velocità. Ben presto furono così in alto che Rover poteva scorgere, lontano, il sole che scendeva dietro la terra e le colline scure. Si stavano dirigendo verso alcuni speroni altissimi di nuda roccia, a strapiombo, impossibili da scalare. Alla base il mare s’infrangeva in alti spruzzi e risucchi e, pur non essendovi traccia di vegetazione, le pareti erano coperte di cose bianche, chiare nel crepuscolo. Centinaia di uccelli marini erano appollaiati su sporgenze strettissime, taluni silenziosi, talaltri mormorando tristi all’unisono mentre altri si alzavano in volo di botto dalla roccia e compivano ampie virate nell’aria, prima di tuffarsi nel mare giù in basso, dove le onde parevano rughe sottili.
{J. R. R. Tolkien, Roverandom Le Avventure di un Cane Alato, Capitolo II, Roverandom Art Print by nuriamuro}
-Ancalagon

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