L’ombra volante puntò verso terra e infine, piegando le ali, lanciò un urlo gracchiante e si posò sul corpo di Nevecrino, affondandovi le sue grinfie, e curvando il lungo collo spoglio. Su di esso sedeva una figura avvolta in un manto nero, immensa e minacciosa. Portava una corona d’acciaio, fra il cui bordo e le vesti non vi era nulla, se non il micidiale bagliore degli occhi: il Signore dei Nazgûl. Era tornato in aria, chiamando a sé il suo destriero prima che l’oscurità scomparisse del tutto, ed ora attaccava di nuovo, distruggendo tutto, trasformando la speranza in disperazione, e la vittoria in morte. Brandiva un’enorme mazza nera.
Ma Théoden non era del tutto abbandonato. I cavalieri della sua scorta giacevano morti intorno a lui, o venivano trascinati via dall’irresistibile follia dei cavalli. Tuttavia ne rimaneva uno accanto a lui: il giovane Dernhelm, fedele nonostante la paura; e piangeva, poiché amava il suo signore come un padre. Durante tutta la carica aveva portato sano e salvo Merry dietro di sé, fino all’arrivo dell’Ombra. Allora Windfola li aveva gettati in terra in preda al terrore, mettendosi a correre imbizzarrito per la pianura. Merry strisciava carponi come una bestia attonita, ed era invaso da un tale orrore che si sentiva cieco e malato. «Uomo del re! Uomo del re!», gridava il suo cuore dentro di lui. «Devi rimanergli accanto. Sarai per me come un padre, gli dicesti». Ma la sua volontà non rispose e il suo corpo tremava. Non osava aprire gli occhi o alzare lo sguardo. Ma poi nel buio della mente gli parve di udire la voce di Dernhelm; eppure ora suonava in modo strano, rammentandogli un’altra voce già udita in passato.
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-Lúthien Tinúviel